martedì 4 settembre 2018
Gran Sasso d'Italia, Campo Imperatore
L'estate
sull'altopiano può essere deliziosa come il miele; può essere anche
un terribile tormento. Chi ama il luogo apprezza entrambe le cose,
perché entrambe fanno parte della sua natura essenziale. Ed è
conoscere la sua natura essenziale ciò che sto cercando di fare qui.
Conoscere, intendo con la conoscenza che è un processo di vita. È
qualcosa che non si fa facilmente, né che si fa in un'ora. È un
racconto troppo lento per l'impazienza della nostra epoca, di
importanza non abbastanza immediata per i suoi disperati problemi.
Eppure possiede un suo straordinario valore. È, tanto per dirne una,
un correttivo alle valutazioni superficiali: non conosci mai del
tutto la montagna, né te stesso in rapporto alla montagna. Per
quanto spesso le percorra a piedi, per me queste alture preservano un
senso di meraviglia. Non c'è modo di abituarcisi.
Nan
Shephed La Montagna vivente Ponte
alle Grazie 2018
Il
testo di Nan Shephed è
tratto
dal suo libro La Montagna vivente.
Bisognerà riparlarne perché senz'altro uno degli scritti più
poetici e profondi e meno
banali sul tema della montagna. Nan Shepheld parla dei Cairngorms, un
massiccio della Scozia nord-orientale.
Attraversando
la piana di Campo Imperatore nel primo mattino di fine agosto, quelle
parole
si sono imposte in modo evidente in una naturale associazione di
idee.
Si
possono percorrere queste praterie infinite volte e in ogni occasione
scoprire un'immagine diversa, una luce nuova. Basta un attimo e il
panorama cambia, l'aria fa brillare l'erba e il sole accentua i
contrasti tra le curve delle
doline, le nuvole che da nord scavalcano le creste del Gran Sasso
sembrano l'onda di un oceano che rotola verso la riva. Le
vette del Corno Grande scompaiono ultime inghiottite da quel mare
bianco.
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