La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



venerdì 3 maggio 2019

Firenze

Non avevo mai conosciuto Firenze più se stessa, o in altre parole più piacevole, di come la trovai per una settimana, in quello splendido mese di ottobre. Sedeva nei raggi del sole sulle rive del suo fiume, come la piccola città gioiello che è sembrata sempre essere, senza commercio, senza altra industria che la manifattura di fermacarte in mosaico e di amorini in alabastro, senza attualità, né energia, né serietà, né nessuna di quelle rudi virtù che, nella maggior parte dei casi si giudicano indispensabili alla coesione civile; senza nient'altro che la piccola riserva immutabile dei suoi ricordi medievali, delle sue colline dai teneri colori, le sue chiese e i suoi palazzi, i suoi quadri e le sue statue. C'erano pochissimi stranieri; il detestabile collega di pellegrinaggio era raro, la popolazione autoctona essa stessa sembrava rara; i rumori delle ruote nelle vie non erano che occasionali; la sera, verso le otto, tutti erano a letto, e il passeggiatore sognatore, bighellonando sempre e sempre sognando, aveva il luogo tutto per sé – aveva le massicce masse ombrose dei palazzi, le tracce dei raggi della luna sul selciato poligonali, i ponti deserti, il giallo argenteo dell'Arno, il silenzio rotto solo dai passi di un ritorno a casa, non accompagnato da un frammento di canzone cantata da una calda voce italiana.
Henry James, Ore italiane.
Tappa fondamentale di un viaggio in Italia, Firenze ha ispirato innumerevoli scrittori e scrittrici. Ognuno ha raccontato la città con uno sguardo particolare, mai obiettivo ma sempre personale, a volte originale e affascinante, a volte carico di tutti gli stereotipi che l'Italia e gli italiani - ma senz'altro succede per ogni paese e per ogni popolo – hanno dovuto subire.
Henry James non evita lo scoglio, anche lui a momenti cerca la cartolina dell'Italia sognata ma sa andare oltre, sa raccontarci una città unica e che lo diventa ancor più sotto la sua penna.
Oggi è diventato quasi impossibile immaginare Firenze nella sua vita ordinaria, o allora bisogna allontanarsi dal monumentale centro città, bighellonare sì, ma tra le vie dei quartieri più popolari, magari oltrarno, dove ancora, forse, si fa la spesa nei negozi del borgo o ci si siede selle panchine dei giardinetti.
Saliamo fino a San Miniato ed entriamo nella splendida basilica che domina la città. Elegante nella semplice bellezza dell'arte romanica, San Miniato attrae probabilmente proprio perché sembra scevra della superbia cittadina.
Da qui il panorama è magnifico; riprodotto e raccontato in migliaia di immagini ma capace ancora di affascinare anche l'osservatore più distaccato.
Torniamo verso il centro attraversando l'Arno sul celebre Ponte Vecchio. Visto da fuori colpisce il suo aspetto singolare ma, osiamo dirlo: non bello.
Le costruzioni che lo compongono e che oggi ospitano gioiellerie e pelletterie, appaiono, soprattutto se viste da vicino, piuttosto scialbe e banali.

Passiamo accanto al Duomo, splendido nella sua maestosa imponenza, simbolo della ricchezza e dell'orgoglio incontenibile della città che ha inventato il Rinascimento.
Ci attardiamo davanti al battistero e alla sua Porta del Paradiso, opera maggiore di Lorenzo Ghiberti. Ormai i pannelli originali sono custoditi nel museo del Duomo e l'idea di ammirare delle copie toglie un po' di incanto all'opera.



Nonostante tutto non si può restare insensibili di fronte a tanta maestria. La bravura dell'artista, la profonda conoscenza della prospettiva, la capacità, con un solo dettaglio - il personaggio che “esce” dal quadro e sembra voler eliminare il confine tra realtà e rappresentazione – meritano una sosta prolungata e invitano ad una visita al museo dell'Opera del Duomo per scoprire gli originali di questo capolavoro.

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