La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



domenica 12 settembre 2010

Da Navelli ad Anversa degli Abruzzi

Navelli sembra un paese ancora attivo. Situato su un basso cucuzzolo al centro della piana, è stata la capitale dello zafferano. Oggi, 21 agosto, è giorno di sagra (ceci allo zafferano appunto) e la piazza, nella parte più bassa del borgo, comincia a riempirsi di gente.
Ma il terremoto del 2009 ha lasciato anche qui i suoi segni. Salendo nell'antico centro si incontrano barriere e travi di consolidamento.
Quassù poche persone, una sensazione di abbandono. L'erba cresce tra le pietre e le porte hanno l'aria di essere chiuse da tempo. Sul punto più alto è la chiesa, anch'essa sembra chiusa definitivamente. La breve scalinata, coperta da una loggia, è sporca del guano dei piccioni. Ha una bella porta in legno intagliato, protetta da una grata di ferro. Sul lato c'è un'altra porta con una figura mancante, già rubata; una piazzetta panoramica con un pozzo in pietra. L'erba è secca. Si sente, dal basso, il rumore della strada statale che attraversa la piana con un lungo rettilineo. Vicino sono i prefabbricati « MAP » montati dopo il terremoto.
La statale 17 continua verso Popoli. A destra una strada sale verso San Benedetto in Perillis., ultimo comune della comunità montana Campo Imperatore Piana di Navelli. Come molti altri borghi anche San Benedetto è su un colle con la parte più antica in alto. E, come in molti altri, anche qui le transenne bloccano l'accesso al centro storico. Il paese appare deserto; una cagna con mammelle gonfie e pendenti si allontana impaurita.
In basso, vicino alla strada c'è una grande piazza vuota. Si direbbe il parcheggio di una stazione. Sul lato opposto alla strada un palazzone piuttosto brutto; un bar con, fuori, sedie e tavoli di plastica bianca. Sono quasi tutti occupati, non ci sono donne.
La strada prosegue verso Molina Aterno. Anche qui il paese è sulla sinistra, mentre sulla destra c'è una grande piazza con un bar in un angolo. Una scritta sulla parete di un gazebo chiuso, propone dei kebab.
La piazza è vuota, ci sono solo due furgoni Wolsvagen con tendine ai finestrini, un gruppo di ragazzi, evidentemente in viaggio con i loro strumenti (uno di loro sta suonando la chitarra seduto su una sedia) e qualche cane. Un altro ragazzo, con i capelli alla moda rasta, si allontana con, sotto il braccio, dei cartelli in legno che appende agli angoli del vasto spazio. Propongono uno spettacolo « per famiglie » questa sera. Il gruppo si chiama « Musicare il mondo ».
Dopo Castel di Ieri, con il solito centro storico impraticabile si arriva a Cocullo dove il bar sulla piazza deserta spara a tutto volume le voci di una radio commerciale. La strada prosegue per Anversa. Il centro storico è chiuso alla circolazione ma questa volta solo per permettere la tenuta di un « mercatino artigianale ».
In realtà sulla piazza di Anversa degli Abruzzi ci sono due bar aperti e sono la sola cosa ad avere un certo successo. Piuttosto uno dei due, i cui tavoli sono affollati di gente con tanto di organetto e di canzoni popolari. Non sembrano persone del posto, sono soprattutto giovani, donne con gonne a fiori e uomini con pantaloni colorati; bambini e passeggini. Il mercatino si riduce a tre espositori e non attira molta attenzione: oggetti in legno, il modellino di una capanna che sembra fatto da un bambino, fiori secchi che paiono non interessare nessuno.
Ai tavoli del secondo bar, quello meno frequentato, una donna è seduta con un bambino a torso nudo che sta mangiando un gelato. Un'altra ragazza si avvicina. Parla con un accento romanesco piuttosto marcato. Dice alla prima di averla riconosciuta (si sono viste l'ultima volta qualche anno fa). Segue quasi un interrogatorio: sei sposata?, Dove vivi?, Con chi vivi?, Divorziata? La ragazza che fa le domande parla a voce alta ma le risposte non si sentono. Parlando forte fa dondolare velocemente il passeggino che porta. Un'altra bambina, più grande (deve avere 3 o 4 anni), la segue. Si chiama Maria Sole, ha i capelli rossi e lunghi. Le due ragazze, quella con il passeggino e quella seduta si danno appuntamento per più tardi. La prima deve andare « a chiudere la tenda » e cerca qualcuno a cui affidare il bambino sul passeggino. Chiede all'altra ragazza di tenerglielo ma quest'ultima (cosi' sembra dirle) ha da fare. Trova la soluzione affidandolo ad una terza che fa parte della comitiva dell'altro bar. Quest'ultima non smette di far dondolare velocemente il passeggino e redarguisce animosamente un automobilista, che sta attraversando la piazza a passo d'uomo, dicendogli di andare più piano. L'autista la guarda stupito, senza risponderle.
La madre del bambino si allontana con due altre ragazze che portano sotto il braccio due materassini da campeggio arrotolati. Si avvicina ad un auto parcheggiata lungo la strada che scende verso Sulmona. Dice « tutti mi apprezzano per la mia semplicità e la mia spontaneità. » Sullo sfondo, sulla cresta dei due colli vicini, le pale della centrale eolica girano lentamente.

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