La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



giovedì 7 ottobre 2010

Ivan Turgenev: Memorie di un cacciatore

Possiedo questo libro da più di trent'anni.
Stavo tornando al paese, sulle montagne. Il treno, dopo una notte di viaggio, mi aveva lasciato nella città della costa da dove avrei preso la corriera per l'entroterra.
Ero arrivato al mattino e l'autobus sarebbe partito solo nel pomeriggio. Avevo quindi pensato di andare a trovare i miei zii che abitavano lì vicino. Ma non volevo presentarmi troppo presto e decisi quindi di fare una passeggiata sul lungomare. Il cielo era nuvoloso e dopo un po' comminciò a piovere. Sulla piazza vicino alla spiaggia c'erano delle grandi tende bianche e delle locandine annunciavano un mercatino di libri d'occasione. Entrai. Non c'era molta gente a quell'ora. I venditori stavano ancora disponendo i libri tirandoli fuori dagli scatoloni. Curiosavo tra i banchi senza cercare niente di preciso. Avevo tra le mani un libro che non conoscevo, rilegato in finta pelle verde con ghirigori dorati. Sembrava un'edizione di un qualche « club del libro », con un odore di legno, anzi, di matita, che ritrovo ancora oggi. La copertina era senza titolo, bisognava guardare il dorso per trovarlo: Memorie di un cacciatore di Ivan Turgenev. Conoscevo già qualche romanzo della letteratura russa e avevo già sentito parlare di Turgenev ma non avevo mai letto nessuna delle sue opere. Tra l'altro il titolo non aveva niente che potesse attirarmi. Stavo sfogliando il libro quando una ragazza (non so se libraia o cliente) che si trovava lì vicino mi rivolse la parola: « è magnifico! » mi disse.
Così andai a salutare i miei zii con Turgenev nello zaino e da allora ogni tanto ritorno nelle foreste e nei villaggi della Russia del XIX secolo.
Ivan Turgenev è conosciuto come scrittore realista e questo libro può senza dubbio essere inserito nella categoria. Nei 24 racconti qui riuniti egli descrive ed analizza personaggi di ogni strato sociale incontrati nel suo vagabondare nelle campagne russe: il nobile e il contadino arricchito, il vagabondo, il servo e l'intellettuale squattrinato. Il suo sguardo però si attarda piuttosto ad osservare il popolo, la sua miseria e i suoi pregiudizi, ma anche i suoi valori e la sua intelligenza.
Il tono non è mai né aggressivo né perentorio ed il libro non prende mai la forma dell'invettiva (forse proprio per questo, sorprendentemente, non fu censurato dalle autorità russe). Il narratore si tiene in disparte, di lui si saprà molto poco, (solo alla pagina 337 scopriremo il suo nome: Pëtr Petrovič) anche se non è difficile rilevare i tratti dell'autore. Eppure, attraverso la descrizione dei personaggi incontrati, emerge poco a poco una critica lucida e implacabile del sistema sociale dell'epoca.
Un libro « inchiesta » dunque, come si direbbe oggi, che fu inserito da molti critici nella corrente naturalista, ma non solo.
Le passeggiate attraverso boschi e colline sono un vero tuffo nella natura. La caccia sembra solo un pretesto per un'immersione in un mondo nel quale l'uomo sembra perdersi, sorpreso e affascinato da un sentimento panico. Le pagine in cui il narratore descrive il paesaggio che lo circonda sono senz'altro le più belle del libro.
E sorprendentemente, visto l'argomento iniziale, ma sicuramente non a caso, nell'ultimo racconto il narratore si rivolge direttamente ai non cacciatori con un testo nel quale la natura diventa l'unica protagonista e ciò già dal titolo: « La foresta e la steppa ».
La natura ha, nei racconti di Turgenev, le fattezze di un essere vivente, che respira, canta, si muove. Non semplicemente una tela di fondo ma un vero personaggio centrale che partecipa attivamente agli avvenimenti come in Ermolaj e la mugnaia:
[...]È passato un quarto d'ora. Il sole è tramontato, ma nel bosco c'è ancora luce; l'aria è limpida e trasparente; gli uccelli cinguettano ciarlieri; l'erba tenera brilla del vivido splendore dello smeraldo... Aspettate. L'interno del bosco si oscura piano piano; il color porpora del crepuscolo serale scivola lentamente sulle radici e sui tronchi degli alberi, sale sempre più su, passa dai rametti bassi, ancora spogli, alle immobili cime sonnacchiose... Ecco che anche le cime sono offuscate; il cielo rossastro si incupisce. L'odore del bosco diventa più penetrante, soffia appena appena una tiepida umidità; il vento, penetrato nel bosco, si acquieta intorno a voi. Gli uccelli si addormentano, non tutti all'improvviso, ma secondo le varie specie: ecco che tacciono i fringuelli, dopo qualche istante i capirossi, poi i verdoni. Il bosco si rabbuia sempre più. Gli alberi si confondono in compatte masse nereggianti; sul cielo azzurro spuntano timidamente le prime stelline.* [...]
Alberi e foglie, campi e fiori, la pioggia e il vento, lo spuntare del sole o un tramonto in una foresta, ogni cosa ha una reale concretezza. I rumori delle foglie mosse dal vento e la luce del sole che le colpisce, gli odori della terra bagnata dopo un temporale; tutti i sensi sono stimolati.
[...]mi sdraiai e presi ad ammirare il gioco pacifico delle foglie che si intrecciavano sul lontano cielo luminoso. È meravigliosamente piacevole stare sdraiato supino nel bosco e guardare in alto! Vi sembra di guardare in un mare senza fondo che si estende sotto di voi, sembra che gli alberi non si levino dalla terra, ma, al pari di radici di piante gigantesche, scendano verso il basso, piombino in quelle onde chiare come il vetro; le foglie sugli alberi ora sono trasparenti come smeraldi, ora si scuriscono in un verde dorato, quasi nero. Da qualche parte, lontano, in cima a un rametto sottile, una fogliolina isolata si staglia immobile contro un lembo azzurro di cielo trasparente, e lì accanto ne dondola un'altra che ricorda con il suo movimento quello di un pesce nell'acqua, tanto il suo moto appare spontaneo e non provocato dal vento. Le nuvole rotonde e bianche navigano piano come magiche isole subacquee, ed ecco che all'improvviso tutto questo mare, quest'aria radiosa, questi rami e queste foglie bagnati di sole cominciano a fluire, a tremolare di un brillio fuggevole e si leva un balbettio fresco, trepidante simile al fitto sciabordio di un improvviso incresparsi dell'acqua. Non vi muovete, guardate: la sensazione di gioia, tranquillità e dolcezza che avvertite nel cuore non si può esprimere a parole. Guardate: quell'azzurro profondo, limpido fa affiorare sulle vostre labbra un sorriso altrettanto innocente; come le nuvole in cielo, e quasi insieme ad esse, scorrono in lenta sequela nella vostra anima i ricordi felici e vi sembra che lo sguardo si allontani sempre più e vi attragga con sé in quell'abisso tranquillo e splendente, credete che non sia più possibile liberarsi da quella sommità, da quella profondità... *
Il cielo diventa mare, gli elementi si sciolgono e si confondono in un universo fatto di colori di suoni e di emozioni. Il narratore interpella direttamente il lettore e quest'ultimo, come attirato dalla prosa ritmata e melodica, ha l'impressione di penetrare in uno spazio ormai indefinito che lo sottrae per qualche istante alla realtà.
Passaggi di vera poesia, simili nell'effetto a brani di musica sinfonica, capaci di sollecitare altro che la semplice ragione.
*Traduzione di Maria Rosaria Fasanelli

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