lunedì 18 ottobre 2010
Vegetariani
Pare che un giorno ad un congresso di vegetariani si contassero una sessantina di scuole di pensiero differenti. Diverse erano le motivazioni, diversi i regimi alimentari. Questo perchè il senso del termine « vegetariano » è assai vago. Non ha niente a che vedere con i vegetali, (per definire coloro che non si nutrono di alimenti di origine animale si usa l'aggettivo « vegetaliano » o più comunemente « vegan ».
Il termine vegetariano invece viene direttamente dal latino e significa « in buona salute » (come d'altronde nell'espressione « vivo e vegeto »). Un vegetariano è dunque colui che vuole mangiare in modo sano. Quanto alla maniera per raggiungere tale scopo, ognuno può scegliere la sua: dieta con pesce, senza pesce, con formaggi, senza formaggi ma con yogurt, verdure crude o cotte eccetera. Certi « vegetariani » poi mangiano anche carni bianche.
Ma fin qui le motivazioni per le scelte alimentari sono semplicemente dietetiche.
Ci sono invece coloro che scelgono di mangiare o non mangiare determinati alimenti per ragioni etiche. In questo caso la scelta è la conseguenza di una riflessione personale che può essere religiosa, politica o morale. A rigor di logica bisognerebbe cercare un altro termine che « vegetariano ». Infatti, è vero che è possibile che un vegetariano sia spinto da considerazioni composte da elementi sia dietetici che etici, (era il caso di Gandhi per esempio) ma, per essere precisi, se il rinunciare agli alimenti di origine animale è dettato solo da una riflessione etica, il tremine « vegetariano » è un po' restrittivo e non molto corretto. Tuttavia esso si è imposto e come tale è accettato.
Torniamo alle ragioni di quest'ultima categoria di persone. Abbiamo parlato di tre motivazioni essenziali:
Sorvoliamo, anche se con rispetto su quelle religiose: la credenza nella reincarnazione in altri esseri viventi è uno dei motivi più sovente evocati per la scelta di non cibarsi di animali. Ma anche alcuni ordini religiosi cristiani e cattolici adottano un regime vegetariano. E l'insegnamento francescano, se seguito nello spirito, porta ad un attenzione particolare al mondo animale.
Tra le ragioni più politiche possiamo accennare a ciò che, fino a qualche anno fa, era chiamato « terzomondismo ». In effetti mangiare carne aumenta lo sfruttamento dei paesi più poveri (per produrre 1 kg di proteine animali occorre sette volte lo spazio necessario per 1 kg di proteine vegetali); le grandi marche di carne in scatola allevano le loro mandrie in Africa; la foresta amazzonica è distrutta per permettere l'allevamento bovino. Impossibile nutrire tutta la popolazione mondiale con delle bistecche o peggio con degli hamburger. Se si vuole veramente ridurre il problema della fame nel mondo occorre riorientare la produzione dall'animale verso il vegetale (ma non per fabbricare i cosiddetti biocarburanti!)
La motivazione morale la ritroviamo in grandi uomini del passato più o meno recente: Plutarco, Pitagora, Ovidio, Leonardo da Vinci, Immanuel Kant, Jean Jacques Rousseau,Tolstoi, Gandhi, Einstein, Aldo Capitini, David-Henry Thoreau, Bertrand Russell tra gli altri.
Un filo diretto lega la loro concezione filosofica: mangiare carne non è un atto naturale. Esso è la conseguenza di una o più azioni violente: non solo quella dell'uccisione finale ma anche quelle insite nel sistema di allevamento o di caccia. L'errore principale dell'Uomo è di considerare gli altri esseri viventi come « cose » a sua disposizione. L'etologia moderna ha confermato ciò che antichi filosofi avevano già intuito: gli animali, secondo il loro sviluppo, sono capaci di sentire dolore, emozioni e sentimenti. La consapevolezza della realtà circostante non è una prerogatica unicamente umana e la « superiorità » intellettuale dell'Uomo non gli dà un diritto inalienabile sugli altri esseri.
C'è poi una questione di coerenza. In effetti tra coloro che mangiano carne, quanti sarebbero capaci di uccidere il bue, il maiale o l'agnello che, il più delle volte, essi cucinano solo dopo che altri ne hanno ridotto il corpo a forme irriconoscibili?
Ora evidentemente se le motivazioni che spingono al vegetarianismo sono di questo tipo è evidente che non si possono fare distinzioni tra gli alimenti se non secondo la domanda: è necessario uccidere o no perchè io possa mangiare questa pietanza. Alcuni si limiteranno ad abolire la carne, il pesce, le uova di pesce (storione o altro) e spesso anche il formaggio, quando prodotto con caglio estratto dello stomaco dell'agnello; altri, più radicalmente, spinti dalla volontà di respingere ogni sfruttamento animale, rinunceranno ad ogni alimento che abbia questa origine, anche a quelli che non sono la conseguenza di un atto violento: uova, yogurt o miele per esempio.
In ogni caso si tratta di una scelta certo impegnativa ma che non implica, come uno stereotipo diffuso lo lascia credere, la rinuncia ai piaceri del mangiar bene. D'altronde la dieta mediterranea, ricchissima di varietà e di sapori, e in gran parte « vegetariana ».
Riassumendo, se il non mangiare carne è una scelta soprattutto etica, essa si inserisce in una filosofia di vita che si manifesterà anche in altri campi. Qualunque sia il peso delle singole motivazioni, essere vegetariani significa voler ridurre il livello di violenza presente nel mondo.
-Occorre lavorare per ridurre il più possibile la sofferenza del mondo, anche se non potremo eliminarla del tutto.
-Il progresso spirituale ci porterà a smettere di uccidere altre creature per soddisfare i nostri bisogni materiali.
-Per me la vita di un agnello non è meno preziosa di quella di un essere umano. Sarei restio ad ammazzare un agnello per sostenere il corpo umano. Trovo che più una creatura è indifesa, più ha il diritto ad essere protetta dall’uomo dalla crudeltà degli altri uomini. Ma colui che non è degno di tale opera non può offrire protezione. … Per riuscire a vedere faccia a faccia lo Spirito della Verità, universale e onnipresente, bisogna riuscire ad amare la più modesta creatura quanto noi stessi.
-Nel mondo c’è quanto basta per le necessità dell’uomo, ma non per la sua avidità
Gandhi (17 dicembre 1925).
Il termine vegetariano invece viene direttamente dal latino e significa « in buona salute » (come d'altronde nell'espressione « vivo e vegeto »). Un vegetariano è dunque colui che vuole mangiare in modo sano. Quanto alla maniera per raggiungere tale scopo, ognuno può scegliere la sua: dieta con pesce, senza pesce, con formaggi, senza formaggi ma con yogurt, verdure crude o cotte eccetera. Certi « vegetariani » poi mangiano anche carni bianche.
Ma fin qui le motivazioni per le scelte alimentari sono semplicemente dietetiche.
Ci sono invece coloro che scelgono di mangiare o non mangiare determinati alimenti per ragioni etiche. In questo caso la scelta è la conseguenza di una riflessione personale che può essere religiosa, politica o morale. A rigor di logica bisognerebbe cercare un altro termine che « vegetariano ». Infatti, è vero che è possibile che un vegetariano sia spinto da considerazioni composte da elementi sia dietetici che etici, (era il caso di Gandhi per esempio) ma, per essere precisi, se il rinunciare agli alimenti di origine animale è dettato solo da una riflessione etica, il tremine « vegetariano » è un po' restrittivo e non molto corretto. Tuttavia esso si è imposto e come tale è accettato.
Torniamo alle ragioni di quest'ultima categoria di persone. Abbiamo parlato di tre motivazioni essenziali:
Sorvoliamo, anche se con rispetto su quelle religiose: la credenza nella reincarnazione in altri esseri viventi è uno dei motivi più sovente evocati per la scelta di non cibarsi di animali. Ma anche alcuni ordini religiosi cristiani e cattolici adottano un regime vegetariano. E l'insegnamento francescano, se seguito nello spirito, porta ad un attenzione particolare al mondo animale.
Tra le ragioni più politiche possiamo accennare a ciò che, fino a qualche anno fa, era chiamato « terzomondismo ». In effetti mangiare carne aumenta lo sfruttamento dei paesi più poveri (per produrre 1 kg di proteine animali occorre sette volte lo spazio necessario per 1 kg di proteine vegetali); le grandi marche di carne in scatola allevano le loro mandrie in Africa; la foresta amazzonica è distrutta per permettere l'allevamento bovino. Impossibile nutrire tutta la popolazione mondiale con delle bistecche o peggio con degli hamburger. Se si vuole veramente ridurre il problema della fame nel mondo occorre riorientare la produzione dall'animale verso il vegetale (ma non per fabbricare i cosiddetti biocarburanti!)
La motivazione morale la ritroviamo in grandi uomini del passato più o meno recente: Plutarco, Pitagora, Ovidio, Leonardo da Vinci, Immanuel Kant, Jean Jacques Rousseau,Tolstoi, Gandhi, Einstein, Aldo Capitini, David-Henry Thoreau, Bertrand Russell tra gli altri.
Un filo diretto lega la loro concezione filosofica: mangiare carne non è un atto naturale. Esso è la conseguenza di una o più azioni violente: non solo quella dell'uccisione finale ma anche quelle insite nel sistema di allevamento o di caccia. L'errore principale dell'Uomo è di considerare gli altri esseri viventi come « cose » a sua disposizione. L'etologia moderna ha confermato ciò che antichi filosofi avevano già intuito: gli animali, secondo il loro sviluppo, sono capaci di sentire dolore, emozioni e sentimenti. La consapevolezza della realtà circostante non è una prerogatica unicamente umana e la « superiorità » intellettuale dell'Uomo non gli dà un diritto inalienabile sugli altri esseri.
C'è poi una questione di coerenza. In effetti tra coloro che mangiano carne, quanti sarebbero capaci di uccidere il bue, il maiale o l'agnello che, il più delle volte, essi cucinano solo dopo che altri ne hanno ridotto il corpo a forme irriconoscibili?
Ora evidentemente se le motivazioni che spingono al vegetarianismo sono di questo tipo è evidente che non si possono fare distinzioni tra gli alimenti se non secondo la domanda: è necessario uccidere o no perchè io possa mangiare questa pietanza. Alcuni si limiteranno ad abolire la carne, il pesce, le uova di pesce (storione o altro) e spesso anche il formaggio, quando prodotto con caglio estratto dello stomaco dell'agnello; altri, più radicalmente, spinti dalla volontà di respingere ogni sfruttamento animale, rinunceranno ad ogni alimento che abbia questa origine, anche a quelli che non sono la conseguenza di un atto violento: uova, yogurt o miele per esempio.
In ogni caso si tratta di una scelta certo impegnativa ma che non implica, come uno stereotipo diffuso lo lascia credere, la rinuncia ai piaceri del mangiar bene. D'altronde la dieta mediterranea, ricchissima di varietà e di sapori, e in gran parte « vegetariana ».
Riassumendo, se il non mangiare carne è una scelta soprattutto etica, essa si inserisce in una filosofia di vita che si manifesterà anche in altri campi. Qualunque sia il peso delle singole motivazioni, essere vegetariani significa voler ridurre il livello di violenza presente nel mondo.
-Occorre lavorare per ridurre il più possibile la sofferenza del mondo, anche se non potremo eliminarla del tutto.
-Il progresso spirituale ci porterà a smettere di uccidere altre creature per soddisfare i nostri bisogni materiali.
-Per me la vita di un agnello non è meno preziosa di quella di un essere umano. Sarei restio ad ammazzare un agnello per sostenere il corpo umano. Trovo che più una creatura è indifesa, più ha il diritto ad essere protetta dall’uomo dalla crudeltà degli altri uomini. Ma colui che non è degno di tale opera non può offrire protezione. … Per riuscire a vedere faccia a faccia lo Spirito della Verità, universale e onnipresente, bisogna riuscire ad amare la più modesta creatura quanto noi stessi.
-Nel mondo c’è quanto basta per le necessità dell’uomo, ma non per la sua avidità
Gandhi (17 dicembre 1925).
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