sabato 19 dicembre 2015
La passatella
Sarà
l'inverno che arriva, sarà la fine dell'anno che, con lo scandire
delle ricorrenze, ci fa considerare con maggior raccoglimento lo
scorrere implacabile del tempo, l'ora sembra alla rievocazione.
Reminiscenza
di aneddoti spesso insignificanti nello scorrere degli avvenimenti ma
capaci, come la proverbiale madeleine
di Marcel Proust, di riportare a galla stralci di
vite passate, di mondi
che sembrano ormai lontanissimi nell'accelerazione spettacolare di
una modernità che fa sembrare preistorico il decennio precedente.
Così
basta un accenno in
una pagina di un interessante blog
http://www.qualcheriga.it/10-cose-che-ho-imparato-in-abruzzo-nel-2015/
alla passatella
per ritrovare immagini del passato ormai dimenticate.
Nel
borgo di Castel del Monte le possibilità di svago, soprattutto
finita la bella stagione, non sono molte. Lo erano ancor meno quando
l'automobile era un privilegio di pochi e quindi più difficile
spostarsi. La vita sociale, più di oggi, separava spesso il mondo
femminile da
quello maschile. Per questi ultimi il ritrovo era la cantina,
l'osteria e poi il più moderno bar, dove ritrovarsi dopo il lavoro e
passare il tempo tra amici e conoscenti. Questi locali erano
relativamente numerosi, quasi
quanto le chiese, e tutti molto frequentati.
Si
battevano le carte, a tressette, a scopa, a volte a briscola. Ma
senza dubbio il gioco che più di tutti appassionava gli astanti e
spesso accendeva gli animi era la passatella.
Un
gioco antichissimo; pare fosse conosciuto già dagli antichi romani,
diffusissimo
poi negli ambienti popolari della Roma papalina al punto da provocare
tali
turbe all'ordine
pubblico
che,
nel XVI secolo, fu necessario l'intervento delle forze dell'ordine
del papa Sisto V.
Una partita a carte era solo il
pretesto per decidere chi fosse il padrone e chi il
sottopadrone. Stava poi a quest'ultimo proporre al primo chi
potesse bere e chi no le bevande pagate equamente. Si animavano
lunghe discussioni, soprattutto se il padrone e il sottopadrone non
erano proprio amici o, peggio, avevano un conto da regolare.
Entravano in ballo ripicche, antipatie, rancori, animosità. Chi
restava “a secco” era fatto olmo (olmo, forse perché con
i rami di questa pianta si legavano le viti e quindi erano vicini al
vino ma senza berlo). Oppure, con un fine ancora più perfido, a
volte si designava uno zimbello per farlo bere fino all'ubriacatura,
la famosa gatta. Succedeva che antiche amicizie fossero messe
a dura prova e che, bicchiere dopo bicchiere gli animi si scaldassero
è il gioco finisse sovente in rissa.
L'osteria castellana non sfuggiva
a questa malasorte. Ed era forse il ricordo di epiche dispute ad
accollare epiteti battaglieri ai locali. Oggi Montelepre (il
paese di Salvatore Giuliano) ha definitivamente chiuso i battenti
mentre Il Vietnam è diventato l'accogliente Rifugio del
pastore.
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