Dovete abituarvi anche a questa atrocità del dubbio, a dibattere veramente i problemi, ma veramente, non formalmente, si applaudono sempre i luoghi comuni, bisogna ragionare, non applaudire o disapprovare. 1975 Pier Paolo Pasolini ai giovani comunisti
domenica 11 dicembre 2016
Elogio del dubbio
Più
che mai, i libri mi sono necessari. Mi offrono il solo rimedio capace
di rendere la realtà accettabile.
Con
il tempo che passa, non so più esattamente che cosa contenga la mia
biblioteca. Siccome non sono mai riuscito a decidermi a metterli in
ordine, i miei libri si sono accumulati, anno dopo anno, in vicinanze
eteroclite. Mi succede di scoprire un romanzo che credevo perso, tra
una guida turistica e un libro di cucina.
Mi
succede anche di non ritrovare più il testo di cui avrei bisogno e
di maledire la mia pigrizia e il mio disordine. In fondo,
quest'anarchia non mi dispiace. Mi sembra così di sfuggire alla
consuetudine e al prevedibile per serbare qualche sorpresa. Ho a
volte l'impressione che la mia biblioteca sia quella di uno
sconosciuto, e che essa nasconda tesori dimenticati che riaffiorano
in superficie nel momento meno atteso, come se qualcun altro li
avesse nascosti lì.
Questo
sdoppiamento non mi sconvolge anzi mi affascina.
Ogni
libro ritrovato mi procura la stessa gioia che il ritorno di un amico
perduto.
Éliane
Serdan, La città alta.
Purtroppo i libri sono, per
molti, oggetti sconosciuti. Sfogliare un libro costa fatica.
Figuriamoci leggerlo.
Trovare nuove idee, confrontarle
con le nostre, scoprire punti di vista differenti che permettono di
osservare da un altro angolo lo stesso avvenimento, riscoprire con
uno sguardo originale quello che ci sembrava chiaro ed evidente e che
ora è illuminato da una luce nuova. Tutto ciò dà un senso alla
vita se anche noi crediamo che fatti non fummo per viver come
bruti.
Negli ultimi anni però, con le
nuove tecnologie dell'informazione, qualcuno ha pensato che ci fosse
una scorciatoia, che ogni domanda avesse la sua risposta,
semplicemente, pronta e disponibile. Si è dimenticato così che le
buone domande spesso non hanno risposte e che le cattive non le
meritano.
Sì,
perché cercare nei libri le risposte ci fa scoprire prima di tutto
l'abisso della nostra ignoranza. La nostra sola possibilità è di
attingere con un cucchiaino nell'oceano di idee, teorie, opinioni,
pareri, punto di vista, che gli uomini hanno accumulato nei secoli.
Scrive
Giacomo Leopardi in una lettera a sua sorella Paolina: La
nostra ragione non può assolutamente trovare il vero se non
dubitando; ella si allontana dal vero ogni volta che giudica con
certezza; e non solo il dubbio giova a scoprire il vero, ma il vero
consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita sa, e sa il più che
si possa sapere.
Ai nostri giorni è più facile
accettare la valanga di informazioni che ci arrivano ogni giorno,
ogni ora, scaricate come da un camion a ribalta da uno schermo di
computer. È così semplice. Se poi, come succede il più delle
volte, queste informazioni sono assennate in tono perentorio,
categorico, energico, è inutile cercare più in là, riflettere,
interrogarsi.
Perché il dubbio, la domanda,
ammettere la propria ignoranza, aver voglia di verificare, sono
concetti superati, arcaici, obsoleti. E se poi se ad un tratto,
malgrado tutto, l'evidenza sembra smentire ciò che fino ad allora si
è considerato certo, la sentenza non è mai definitiva: sì,
d'accordo, ma avrebbe potuto essere.
È difficile cominciare una frase
con un Penso che…, Mi pare che… Ancora più inammissibile
terminarla con ...forse hai ragione.
Bisogna essere Francesco d'Assisi
per ammettere senza vergogna ignorans sum et idiota.
Ecco perché il congiuntivo, il
modo verbale che serve ad esprimere l'incertezza e il dubbio, il
desiderio e l'ignoranza, sta scomparendo a poco a poco dalla lingua.
La sua estinzione non è solo il riflesso di un'evoluzione
grammaticale che tende alla semplificazione, essa è il sintomo di un
male più profondo e fatale. Non c'è tempo né spazio per l'umiltà
dell'ignoranza. C'è solo l'inconfutabilità che nutre con pietanze
troppo grasse la mente monotematica dell'uomo moderno.
Si riduce a poco a poco il numero
di vocaboli. Sembra che un italiano medio usi circa ottocento parole
sulle quasi cinquantamila disponibili e accettabili nella lingua
moderna.
Ma queste ottocento parole sono
sufficienti a molti per disquisire in un solo impeto di Leggi
Costituzionali, composizione geologica del globo terrestre e
possibilità di prevederne i movimenti, possibilità ingegneristiche
di costruire edifici resistenti a un sisma.
Sono sufficienti, per dissertare
di razze umane, più o meno evolute, più o meno predisposte al
crimine e al lenocinio.
Aprire la pagina Commenti
di un sito di informazione qualsiasi equivale ad un'immersione in un
maelstrom senza fondo. È forse un esempio estremo. In effetti le
pagine in questione sono semplicemente il prolungamento delle
discussioni tenute appoggiati al bancone di un bar. Quello che cambia
è solo il pubblico, non più i tre o quattro avventori del locale ma
le migliaia di lettori di un giornale. Probabilmente non sono più
numerose di un tempo ma solo più evidenti.
Che cosa ci riserva il futuro?
Ognuno sembra aver scelto il proprio pifferaio di Hamelin e,
affascinato dalla sua musica, segue il suonatore verso il suo
destino. Non sa, o preferisce non sapere che ci sono altri strumenti
e altre melodie.
Dovete abituarvi anche a questa atrocità del dubbio, a dibattere veramente i problemi, ma veramente, non formalmente, si applaudono sempre i luoghi comuni, bisogna ragionare, non applaudire o disapprovare. 1975 Pier Paolo Pasolini ai giovani comunisti
Dovete abituarvi anche a questa atrocità del dubbio, a dibattere veramente i problemi, ma veramente, non formalmente, si applaudono sempre i luoghi comuni, bisogna ragionare, non applaudire o disapprovare. 1975 Pier Paolo Pasolini ai giovani comunisti
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento