sabato 1 giugno 2019
Castel del Monte
Quando
venni a Castel del Monte per la prima volta avevo cinque anni.
Abitavamo in un paese del nord dell'Italia dove mio padre lavorava in
una fonderia. Era un lavoro duro e faticoso e lui, che non era mai
stato molto robusto, era a quell'epoca magro come un chiodo.
Tornava
nel suo paese d'origine ogni volta che c'erano le elezioni comunali,
per votare ma anche per aiutare i suoi compagni di partito durante la
campagna elettorale.
I
suoi genitori e i suoi fratelli erano cattolici praticanti e avevano
sempre votato per la Democrazia Cristiana; lui era un po' la pecora
nera e la sua adesione al Partito Comunista aveva provocato, e
continuava a provocare, qualche malumore. Così il ritrovarsi in
queste occasioni era sempre, per lui e la sua famiglia, un misto di
gioia e di stizza.
Quella
volta aveva deciso di portarmi con sé e io scoprivo, con curiosità
ma anche con una certa apprensione, luoghi e volti che non conoscevo.
In
realtà in quel borgo c'ero nato, in una casa del "rione
orientale", nome misterioso che faceva pensare a un mondo di
favole. Me ne restava qualche immagine ma sicuramente era il
risultato dei racconti dei miei genitori e non dei miei ricordi
perché in realtà quando avevamo lasciato il paese non avevo ancora
compiuto due anni.
Arrivammo
nel pomeriggio, dopo un lungo viaggio in treno di cui non ricordo
granché. Solo forse l'immagine del mare, lungo la ferrovia, che
scoprii in quell'occasione.
Dopo
aver risalito, un po' arrancando, le pendici delle montagne, la
corriera ci aveva lasciato
sulla piazza, davanti ad una fila di anziani
seduti sugli scalini di un
bel palazzotto, uno a fianco
all'altro, come in attesa di uno spettacolo.
Il
cambiamento di temperatura mi aveva colpito, l'aria era fresca e le
nuvole basse incupivano la giornata. Ci addentrammo nel paese
passando sotto uno delle porte medievali. Si stavano rifacendo le
canalizzazioni e le vie erano
in cantiere. Fu allora che si sostituirono le antiche pietre
arrotondate dell'acciottolato con quelle squadrate e scure di porfido che
vediamo ancora oggi.
Nell'antica casa familiare il
camino era acceso e scoppiettante e la nonna stava seduta accanto al
fuoco. La scarsa luce del pomeriggio grigio entrava con fatica e solo
la fiamma dava un po' di colore all'ambiente.
Ero intimidito da persone che in
realtà non conoscevo se non attraverso il resoconto delle lettere
che arrivavano di tanto in tanto fino a noi lassù nel nord e
soprattutto dei pacchi, protetti da una tela cucita fermamente,
contenenti salsiccie e formaggio e che segnavano ogni anno l'avvento
delle feste natalizie.
Una
zia aveva preparato delle farfalline che mangiammo nel loro brodo di
gallina - mi si spiegò in quell'occasione che era il piatto ideale
per chi aveva viaggiato - e bevvi anche mezzo bicchiere di vino
( all'epoca penso fosse
abbastanza normale). Poi mio padre uscì, probabilmente per ritrovare
i suoi compagni e io restai con quelle persone quasi sconosciute,
esplorando con curiosità quell'antica casa piena di ripostigli e di
stanzette adibite a differenti usi: la legnaia, la cantina, la
dispensa...
I rari passanti, tutti conosciuti
dalla nonna, si affacciavano alla porta per un saluto, il più delle
volte declinando l'invito per la tazza di caffé e chiedento
informazioni sulla mia presenza.
Passò poi un contadino con un
mulo: portava il latte che attingeva in un mastello che la bestia
aveva al fianco distribuendolo casa per casa.
La
sera scese tranquillamente, a
quei tempi la televisione non
era ancora arrivata e anche le
onde della radio passavano
con fatica le spesse mura di quell'abitazione. Andai quindi a
dormire, un po' annoiato ma anche speranzoso nelle scoperte che avrei
fatto il giorno seguente. Il letto era accogliente e caldo, una zia
aveva appena ritirato uno strano attrezzo che avevo preso per una
slitta e che serviva per accogliere un bracere messo sotto le
coperte. Il fruscio delle foglie
di pannocchia che riempivano il saccone sotto il materasso di lana e,
più probabilmente, la fatica del viaggio mi conciliarono un sonno
quasi immeditato.
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