martedì 11 giugno 2019
Volterra, tra etruschi, letterati e anarchici.
Volterra
è la più settentrionale delle grandi città etrusche del Tirreno. È
situata a una cinquantina di chilometri nell'entroterra su una
scogliera rocciosa esposta ai quattro venti, con una vista sterminata
sul mare dall'alto della valle del Cecina: a sud sopra altopiani e
vallate fino alle vette dell'Elba, a nord sulle vicinissime montagne
di Carrara, e verso l'interno, oltre le larghe colline dei
pre-appennini, fin nel cuore della Toscana.
A
Cecina si cambia treno e risaliamo lentamente i tornanti della valle
del fiume che porta lo stesso nome, una valle verdeggiante, romantica
e dimenticata nonostante tutto l'andirivieni degli antichi etruschi
e dei romani, dei volterrani medievali, dei pisani e di tutti i
traffici moderni. Tuttavia ora non c'è moltissimo passaggio.
Volterra è una specie di isola nell'entroterra, tuttavia stranamente
romita e torva.*
Fu
ne 1927 che lo scrittore inglese David
Herbert Lawrence arrivò
a Volterra. In un pomeriggio grigio
con folate di vento che venivano da ogni scuro crocevia della stretta
e dura città medievale.
Il clima non favorisce certo una prima impressione positiva e i
festeggiamenti per l'insediamento del nuovo podestà a cui Lawrence
assiste al suo arrivo non contribuiscono a migliorare il suo stato
d'animo.vedi qui
Tra
i colli
della Toscana, a metà strada tra Livorno e Siena ma in realtà in
provincia di Pisa, eccoci anche
noi nella
città di Volterra. Sì, città, perché malgrado i suoi 11000
abitanti che teoricamente definiscono piuttosto un grosso paese,
Volterra può, dal 2013, prevalersi di questo titolo, dovuto, dice la
notifica della prefettura di Pisa, a
una comunità che
ha saputo realizzare condizioni di benessere sociale ed economico
con il proprio operoso lavoro, frutto anche del patrimonio di
conoscenze, acquisito nei secoli, che ne fa, tra l’altro, la città
dell’alabastro.
Al
di là dell’aulica retorica, sempre un po’ ampollosa, con questo
epiteto Volterra si riallaccia a tempi lontani, al VI secolo a.C.,
quando l’antica Velathri
era effettivamente una delle dodici città della confederazione
etrusca.
Ma
una visita a questa affascinante località comincia ben prima
dell’arrivo nel paese. La strada che si snoda tra le colline è
certamente una delle più piacevoli e attraenti della Toscana.
Paesaggi dolci e armoniosi invitano a una sosta, lasciano vagare lo
spirito, appagano l’animo.
Oggi
la città si presenta sotto l’aspetto di un borgo medievale, ben
conservato e placidamente sonnolento nel primo pomeriggio.
Tra
le vestigia della potente città etrusca spicca la porta dell’Arco
che malgrado i rifacimenti successivi mostra ancora prepotentemente
l’imponenza della struttura originaria.
Le
vie della cittadina sembrano aver conservato un’atmosfera
tranquilla e quasi flemmatica. Gli alti palazzi lasciano nell'ombra la passeggiata pomeridiana ma qua
e là si aprono luminosi panorami sulla campagna sottostante mentre, in alto, imponente
e minacciosa la rocca domina l’abitato. È il Maschio,
adibito ancor’oggi a prigione.
Nel
passato il movimento anarchico, molto vivace in questa regione, ne
aveva fatto il simbolo della repressione politica, cantandolo anche
in una celebre canzone del repertorio popolare e che racconta la
vicenda
dell’anarchico
Cesare Batacchi, condannato per omicidio e riconosciuto innocente
dopo vent’anni di reclusione.
rinchiuso
là ni’ maschio di Volterra
e
un secondin mi viene a salutare
e
nella sua la mia destra mi serra.
E
mi disse:” Allegro, grazia la fanno a te,
tutti
i giornali parlano, combattono per te “.
” La
grazia l’accetterò se me la danno, coi miei diritti di buon
cittadino:
io
son rinchiuso qui da ventun anno, non vo’ mori’ co i’ marchio
d’assassino.
Se
gli innocenti li voglion qui serrar, e i nostri patimenti
chi
li compenserà?
Non
si può però passare a Volterra senza visitare il museo Guarnacci. E
lo facciamo anche noi, sulle tracce di Lawrence:
Veramente
è un museo pieno di attrattive e piacevole da visitare ma eravamo
capitati in una mattina di aprile tanto gelida da farmi sentire
vicino alla tomba più di quanto non mi sia mai sentito in vita mia.
Eppure quasi subito, nelle sale piene di centinaia di piccoli
sarcofagi, cinerari o urne, come vengono chiamati, l'energia della
vita antica cominciò a riscaldarci.*
In
effetti le urne sono innumerevoli. Classificate secondo il soggetto
del bassorilievo. Alcune dalla fattura molto semplice, altre veri
capolavori d'arte e di raffinatezza.
Arriviamo
infine all'opera che è senza dubbio il simbolo di questo museo e
probabilmente dell'intera arte etrusca: l'Ombra della sera. Una
scultura sorprendente e affascinante la cui modernità imprevista e
singolare ci invita a riflettere e a relativizzare l'idea di progresso dello spirito
umano.
*
D.H.Lawrence
Paesi
etruschi Nuova
immagine editrice 1985
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