giovedì 24 ottobre 2019
Le sorgenti del Pescara.
Popoli
ha una posizione geografica particolare, tra il massiccio del Gran
Sasso e quello del Morrone, con
la Majella alle spalle. È
qui che uno stretto passaggio
apre alle acque del fiume Pescara la via verso il mare.
Il fiume,
nato come Aterno sulle pendici dei Monti della Laga, dopo aver
attraversato la conca aquilana, proseguendo in direzione sud est,
sbocca nella valle Peligna.
Qui cambia repentinamente direzione e,
scorrendo ormai verso nord est, raccoglie le acque del Pescara le cui
sorgenti sono appunto nei pressi di Popoli. Il
suo nome “ufficiale” diventa Aterno-Pescara ma tutti lo chiamano
semplicemente Pescara (a volte al femminile) con un singolare e
insolito cambiamento.
Pagus
Fabianus è l'antico nome della città di Popoli. Però il Populus
in latino è anche il pioppo. E
chissà se non fosse da
cercare qui l'origine del
nome attuale della
città. Così spiega Piera
Lisa De Felice, direttrice della Riserva naturale delle sorgenti del
Pescara.
La ricchezza d'acqua
ha infatti favorito lo sviluppo di imponenti esemplari di questi
alberi. Nel 2011 una delibera dal Consiglio comunale ha istituito un
elenco di alberi comunali “di interesse storico, monumentale,
naturalistico”. Nella
riserva la più maestosa di queste piante ha una circonferenza che
supera i cinque metri. In ogni caso se non è vero è molto
ben trovato direbbe
Giordano Bruno.
È
nel 1986 che fu deciso di
creare la Riserva naturale delle Sorgenti del Pescara. Purtroppo il
sito era già stato parzialmente deturpato quando, negli anni
Settanta fu costruita l'autostrada A25 Roma Pescara.
In quei tempi di
progresso inarrestabile, pochi si preoccupavano dell'impatto
ambientale che una simile opera avrebbe potuto avere su un ecosistema
prezioso e fragile. Cosa poteva contare, di fronte all'impellenza
della velocità, questo piccolo scrigno naturale, apprezzato solo
dagli abitanti della vicina cittadina che venivano qui in estate per
trovare un po' di fresco.
Eppure
il valore di questa riserva è ormai riconosciuto. È un piccolo
paradiso per gli appassionati e gli studiosi di avifauna. Più di
cento specie di uccelli, stanziali o di passaggio, sono state
osservate dagli ornitologi.
La folaga, che è stata scelta come
simbolo della Riserva, ma anche, tra i tanti, l'airone cinerino, il
germano reale, lo sparviero, il falco pellegrino e poi rettili,
roditori e ancora specie ittiche molto rare. Malgrado il tracciato
dell'autostrada che scorre vicinissima e che perturba un po' la
tranquillità del luogo, la riserva resta un sito piacevolissimo.
L'equiseto, un altro simbolo
di quest'area protetta, è una pianta acquatica originale. Assomiglia
ad una conifera in miniatura, alta poco più di un metro.
Nel
sottobosco, quando il sole penetra tra i rami degli alberi, sembrano
raggi di un fuoco d'artificio silenzioso.
Belli sono anche i
sambuchi, alcuni maestosi, i cui rami si dispiegano in larghe curve.
Una
sessantina di sorgenti fanno riemergere qui le acque del Sirente e
del Gran Sasso (la costruzione della galleria ne fece
considerevolmente diminuire la portata), creando
un laghetto limpido e fresco. Un bel sentiero porta fino ad un punto
panoramico sulle pendici di un colle: Capo Pescara. Da qui lo sguardo
spazia verso la valle Peligna. Popoli è di fronte a noi, più
lontano scorgiamo Pratola e poi Sulmona.
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