La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



mercoledì 23 settembre 2015

Luciano Canfora: La biblioteca scomparsa

Gli uomini istruiti sono superiori a quelli non istruiti come i vivi sono superiori ai morti.
Aristotele.
Possedere il sapere è possedere il potere. Fu forse questo principio a spingere Tolomeo I ad organizzare la grande biblioteca di Alessandria. Sembra che l'idea fosse stata dello stesso Alessandro Magno, suo predecessore sul trono, ma la morte precoce non gliene aveva lasciato il tempo.
Era il 332 avanti Cristo quando Alessandro arrivò in Egitto. Pensava di aver trovato il luogo per una nuova città attorno ad un'ottima base navale. Alessandro che aveva avuto Aristotele come precettore, volle fare di Alessandria anche un centro culturale capace di primeggiare sul mondo. Alla sua morte però la città era ancora in cantiere e non ebbe la possibilità di vedere l'inizio della costruzione della nuova biblioteca.
Furono dunque i suoi successori ad attuare il suo progetto.
Non si sa molto di questa impresa, né il numero di libri raccolti (rotoli di papiro) - si va da 40000 a 700000 mila - , né l'esatta collocazione, né le ragioni della loro scomparsa.
Probabilmente la biblioteca si trovava all'interno del palazzo reale, vicino al tempio delle Muse (il Museo), non lontano dal porto e dall'isola di Faro.
Tolomeo I era stato un generale di Alessandro e, alla morte di quest'ultimo, ne aveva preso il posto. Era un amante delle lettere e un appassionato bibliofilo. Volle seguire l'aspirazione del suo predecessore e fare della nuova città che si stava costruendo alla foce del Nilo, il centro della cultura ellenica. Chiamò alla sua corte letterati e filosofi e cominciò a raccogliere tutti i testi greci che erano in circolazione. I suoi successori della dinastia dei Tolomei ne continuarono l'opera, aumentando sempre più il numero di libri catalogati.
Innumerevoli scribi lavoravano nella biblioteca, copiando e ricopiando i volumi che arrivavano da tutto il mondo conosciuto. Ogni nave che attraccava nel porto di Alessandria e che trasportava libri doveva lasciare l'originale alla biblioteca in cambio di una semplice copia.
Quando lo spazio disponibile non bastò più si costruì una biblioteca annessa, accanto ad un altro tempio, il Serapeo.
Ma raccogliere i testi greci non fu sufficiente. Si cominciarono a tradurre le opere di altre lingue. La numerosa comunità ebrea che viveva ad Alessandria aveva bisogno di una Bibbia tradotta in greco, ormai la sola lingua conosciuta da tutti tra loro. Fu per questo che Tolomeo II Filadelfo chiamò alla sua corte 70 scribi da Gerusalemme e domandò loro di tradurre i testi sacri del giudaismo. E c'è anche chi afferma che si andò al di là della semplice traduzione e che alcune parti della Bibbia furono scritte in quest'occasione. Quella “dei Settanta” fu la prima traduzione dell'Antico Testamento e fu fondamentale per l'espansione della conoscenza del libro e poi del cristianesimo.
Il III secolo avanti Cristo fu l'epoca del massimo splendore della Biblioteca. Quando a Pergamo, in Asia minore, il re Eumene II costruì una biblioteca capace di rivalizzare con quella di Alessandria, dall'Egitto si bloccarono le esportazioni di papiro, nel tentativo di bloccare l'emergenza di un polo rivale. Ma il boicottaggio ebbe un esito non previsto, provocando indirettamente la diffusione dell'uso della pergamena. Racconta la leggenda che sarebbe stato Marco Antonio a svuotare la biblioteca di Pergamo dei suoi 200000 volumi e ad offrirli a Cleopatra per gli scaffali di Alessandria.
Il sogno di Alessandro Magno si stava realizzando.
Poi cominciò il declino fino a quando si perse ogni traccia di quella gigantesca collezione.
Le ipotesi sull'accaduto sono molte.
Per Plutarco il responsabile fu Giulio Cesare. Durante la “guerra alessandrina”, ordinò che, con torce infuocate, si distruggessero le navi nemiche presenti nel porto. L'incendio però arrivò alla biblioteca e tutti i volumi furono distrutti. Ma non tutti sono d'accordo con questa versione ritenendo che i libri distrutti durante quest'incendio non erano della grande biblioteca ma erano solo quelli di un deposito secondario vicino al porto.
C'è chi accusa il vescovo Teofilo, durante il regno dell'imperatore Teodosio, quando ormai il cristianesimo era religione ufficiale. Teofilo avrebbe voluto distruggere tutte le opere di autori pagani.
C'è poi chi accusa i persiani che avevano occupato l'Egitto all'inizio del VII secolo oppure gli arabi maomettani che, nello stesso secolo li avevano scacciati, sostituendoli ad Alessandria.
O forse la grande biblioteca è scomparsa gradualmente, durante e dopo questa serie di eventi storici.
Oggi non resta nessuna traccia del tentativo utopistico di riunire in un sol luogo tutto il sapere del mondo e di fare della conoscenza un'impresa collettiva e la nuova Biblioteca alexandrina, inaugurata nel 2002 non è che un tentativo, ampiamente criticato di riprodurre quell'esperienza.
Qua e là per l'Italia sindaci “veggenti” vogliono chiudere le biblioteche comunali “che nel mondo di wikipedia nessuno più utilizza”. L'imperativo economico prende il sopravvento su ogni altra considerazione. Non è più il possesso del sapere che interessa chi aspira al potere ma piuttosto il controllo dei canali di comunicazione. Leggere libri diventa quindi un atto sovversivo. Fahrenheit 451 racconta una storia che rischia di diventare realtà. Non sarà questa la vera crisi della civiltà moderna?
Luciano Canfora: La biblioteca scomparsa Sellerio editore

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